Gli schermi hanno sempre stimolato gli scrittori, a partire dallo specchio delle mie brame. Chissà chi rispondeva alla strega? Forse il Grande fratello, che certi pensano ancora sia il titolo di un romanzo e non quello del noto format televisivo. Format il cui logo è un occhio, tipo occhio di Ra, il dio egizio.
Il poeta e il contadino fu una trasmissione di rottura. Due cabarettisti milanesi, Cochi e Renato, bucarono il video con una comicità che oggi si definisce demenziale, all’epoca era detta surreale, e tra qualche anno sarà definitivamente incomprensibile. Già allora la maggioranza degli spettatori non la capiva:
Carosello era il limite oltre al quale si estendeva la regione ignota dei programmi degli adulti. Ma non nel senso di trasmissioni osé, perché il massimo che vedevi erano le gambe nude delle ballerine di Studio 1 o Canzonissima, o il film del lunedì sul Primo.
Vip, mio fratello superuomo è uno dei primi film di animazione italiani. I disegni di Bruno Bozzetto virano verso lo scarabocchio infantile: le navi cavalcano flutti aggrovigliati di onde, gli aerei scorrono in cielo come appiattiti da un acchiappamosche, i personaggi coi due occhi di profilo sembrano passati prima attraverso una camera ottica egiziana, poi in un cassetto rovistato dalla mamma, infine estratti dalle tasche di un bambino.
Sul settimanale a fumetti l’Intrepido c’era una rubrica dal titolo Cronache del mistero curata da Luciano Gianfranceschi, che si sbizzarriva pescando nel pentolone esoterico complottistico e congiuristico. L’Impero Mu contro Atlantide,
In principio fu Douglas Fairbanks Junior, coi sottotitoli e il pianista in sala. Poi è stata la volta di quel portento di Errol Flynn, venuto direttamente da un paese fondato da galeotti, l’Australia, per depredare galeoni (Capitan Blood) e ricconi (Robin Hood, appunto).
Nel 1971 uscì un film profetico: In nome del popolo italiano, di Dino Risi con Gassman e Tognazzi. Si parlava di tangenti e c’era un giudice integerrimo che ce l’aveva a morte con un intrallazzatore megalomane.
Nei film poliziotteschi anni settanta muore un mucchio di gente. Anche bambini. Il che fa capire che aria tirasse in Italia col terrorismo. Perfino un duro come Mario Adorf si vedeva ammazzare la figlia davanti agli occhi (La mala ordina), salvo poi farsi giustizia con una serie di inseguimenti e ammazzamenti degni dell’Iliade.
L’esterofilia è un virus piuttosto di moda nell’italico stivale. A parità di valore un giocatore straniero viene comprato e idolatrato dalla squadra di culto mentre quello italiano viene venduto e dimenticato in provincia. La musica italiana è bollata come una pizza, senza offesa per la pizza che invece si fa valere anche all’estero.